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Un quesito frequente, quando si parla di Attività, Terapia o Educazione Assistite dagli Animali , è: “quale animale è il più adatto per queste attività?”.

Bisogna innanzitutto chiarire che un animale è, al tempo stesso:

  • un esemplare appartenente ad una specie (specimen)
  • appartiene ad una determinata razza che lo distingue.
  • è un individuo

Questi tre punti di vista sono fondamentali per iniziare a comprendere l’animale reale che abbiamo di fronte a noi e valutare il suo comportamento alla luce delle caratteristiche etologiche di specie, della sua razza, e del vissuto individuale.

SPECIE ANIMALI

Addentrandoci in questo misterioso mondo conosciuto come specie animale, è fondamentale fare una prima discriminazione; poiché l’animale da coinvolgere in queste attività deve necessariamente appartenere a una specie domestica.

Infatti, che vi piaccia o no, un’ animale selvatico, anche se addomesticato, non è mai a suo completo agio nel contesto ambientale umano, e non lo è, soprattutto, in ambienti chiusi o in contesti rumorosi e stressanti come quelli nei quali normalmente si svolgono le sedute, ve la vedreste una volpe al nido?! io No!!

Anche se oramai nel web girano diversi video che mostrano alcuni animali appartenenti a specie selvatiche tipo la volpe stessa, allevata in cattività da molte generazioni che hanno perduto gran parte delle caratteristiche selvatiche originarie, ma quel comportamento a mio avviso non è un beneficio per l’animale quindi io non lo sposo nella mia filosofia professionale, poiché questi animali per metà selvatici e metà domestici vivono in una sorta di limbo.

Tra le specie che molti etologi definiscono come “Nuovi Animali da Affezione” ritroviamo: criceti, gerbilli, scoiattoli tamia, pappagalli, iguana,… sui quali è necessario uno studio approfondito specie per specie.

Ma va comunque detto che spesso questi animali non sono sufficientemente tutelati nelle loro effettive esigenze, non solo zootecniche ma anche relazionali ed etologiche, poiché non avendo una comunicazione facile da comprendere rischiano di non essere rispettati.

Quale umano secondo voi, a livello medio, sa comprendere i segnali di stress o di malessere di una tartarughina d’acqua dolce, di quelle comunemente commercializzate, o di un criceto?

Mentre le specie animali domestiche hanno, in comune, alcune caratteristiche etologiche che ne hanno favorito la domesticazione nel corso dei millenni:

Sono, prima di tutto divenuti animali sociali, anche se presentano una socialità , diversa tra specie e specie, strutturata e complessa ma capibile, inoltre sono adattabili e soprattutto si sono adattate a condizioni di vita e alimentari non naturali, hanno una notevole plasticità comportamentale e si sono evolute nel corso di secoli o, addirittura di millenni, a stretto contatto con l’uomo.

Nella storia della loro domesticazione non hanno mai perduto completamente questo ruolo di preda e hanno continuato a essere anche mangiati, sebbene quasi in esclusiva dal predatore umano, si pensi ad esempio al coniglio, animale considerato oggi anche un Pet, che comunque continua ad essere mangiato e preparato in mille ricette.

Il coniglio, etologicamente, è rimasto fondamentalmente una preda e le sue reazioni sono conseguenti, moltissimi conigli se presi in braccio o afferrati con la mano, reagiscono tentando di fuggire, graffiando o morsicando nel tentativo di sottrarsi alla cattura.

Un discorso simile può essere fatto per molti altri domestici: la capra, il cavallo ecc.

Questi animali possono essere inseriti in un programma di Attività Assistite dagli animali?

La risposta può essere “” purché il progetto di attività sia ben studiato, si tenga conto di questa loro natura di “preda” e ne salvaguardi il benessere fisico e psicologico.

Non è raro infatti, trovare conigli manipolati, presi in braccio e “coccolati” con le modalità relazionali ed etologiche tipiche dalla specie umana che stressati e impauriti, si difendono graffiando, mordendo o diventano sempre più paurosi e diffidenti.

Un corretto contatto dovrebbe essere quello che più si avvicina e assomiglia al loro naturale modo di rapportarsi, alla loro natura e al loro grooming sociale, contatto che ben pochi conoscono infatti le IAA in cui si impiega un coniglio sono fondamentali anche per comprendere questa base fondamentale per la relazione quotidiana.

Ad esempio sarebbe utile sapere: il contatto deve avvenire con una carezza leggera con la mano sul muso, sulla nuca e sul retro dell’attaccatura delle orecchie, lasciare a loro l’iniziativa di un contatto ravvicinato, non afferrarli e non prenderli in braccio come fossero cuccioli umani, ma soprattutto lasciare loro lo spazio necessario per la via di fuga…

Passiamo ora invece ad una gabbia con all’interno una cocorita, è calma e tranquilla quando siamo lontani a circa un metro di distanza, ma se ci avviciniamo e superiamo quella che è percepita come “distanza di fuga” , che in termini umani potremmo definire come la “bolla prossemica di sicurezza“, comincia a dare segni di nervosismo e di paura, se poi infiliamo la mano nella gabbia la paura diventa panico e l’uccello svolazza terrorizzato andando a sbattere contro le sbarre.

Queste reazioni sono causate dalle caratteristiche di specie, ma anche da tutte quelle volte che quella cocorita è stata afferrata da una mano umana e ha vissuto il trauma della predazione.

Quindi se si vuole ad esempio avere un uccellino tranquillo e rilassato nel contatto con la nostra mano, non bisognerebbe mai afferrarlo, ma piuttosto, armarsi di pazienza e lasciare che salga spontaneamente sul nostro dito, offrirgli un boccone appetitoso tra le dita o con la mano aperta ecc.

Ovviamente anche qui molto dipende anche dalle caratteristiche individuali dal singolo animale e dalle esperienze che ha fatto.

Ricordiamoci sempre che questi nuovi pet, non hanno le caratteristiche dell’animale domestico vero e proprio e, mentre quest’ultimo ha imparato a dialogare anche con la nostra specie e ha evoluto nei secoli un linguaggio che in parte è comprensibile anche dall’uomo, ciò raramente avviene con i nuovi pet.

Questi nuovi animali d’affezione non sempre hanno una socialità così elevata o le caratteristiche che si possono supporre se ci si basa sulla nostra esperienza e sulla “somiglianza” con i “domestici”, tanto che è possibile scambiare per manifestazione di socialità quelle che sono invece espressioni patologiche derivate da deprivazioni sociali ecc.

Pensiamo ad esempio ai grandi pappagalli parlanti, gli esemplari appartenenti agli psittacidi, che troviamo in commercio, sono quasi sempre nati e allevati in cattività e spesso nutriti alla mano.

Si tratta di una grave forzatura, sono animali deprivati delle cure sociali materne, improntati e socializzati forzatamente sull’uomo e poi tenuti, spesso in isolamento, su un trespolo o in una piccola gabbia, con pochissimi stimoli e poco contatto sociale, se non con l’essere umano.

I pappagalli sono animali sociali, vivono sempre in coppia o in colonie numerose, se vengono allevati in voliera e in gruppo, non impareranno mai a parlare, continueranno a vocalizzare com’è tipico della loro specie.

Un pappagallo che parla, ma non ha possibilità di far altro, come semplicemente volare libero con altri conspecifici a mio avviso non vive in uno stato di benessere e un buon legame con l’uomo, testimonia secondo me un maltrattamento psicologico, una forzatura innaturale dell’imprinting, una voluta povertà ambientale e gli effetti una deprivazione sociale.

IL CANE ED IL GATTO

Ora arriviamo a quello che probabilmente vi interessa di più, affrontiamo infatti il discorso del cane e del gatto.

Il cane ed il gatto sono animali domestici particolari, perché, a differenza di altri, originariamente, sono predatori, ma nessuno si sofferma su questo perché è uso comune vederli come carini e coccolosi.

Il gatto ad esempio è contemporaneamente sia una preda che un predatore e ha pattern etologici misti: quando fugge inseguito dal cane, rifugiandosi sull’albero, si comporta da preda, mentre quando gioca con la pallina si comporta da predatore.

Il cane è più decisamente un predatore da branco e il suo modo di rapportarsi con l’uomo è paragonabile a quello che avrebbe con un conspecifico.

Questi animali possono accettare più facilmente di essere afferrati e manipolati, purché siano gradualmente abituati e purché questa sia fatta in maniera corretta, non troppo spesso, non troppo a lungo, non troppo forte… quindi attenzione a come vi rapportate con loro.

Consideriamo che sia il cane che il gatto hanno, nel loro corredo comportamentale, l’esperienza del trasporto dei cuccioli, afferrati con la bocca da parte degli adulti.

Ad esempio, se osserviamo molti gatti adulti, afferrati e sollevati per la collottola, ripiegano la coda sotto il ventre e si accoccolano in posizione quasi fetale, tipica del cucciolo.

Per questi animali l’essere presi in braccio o accarezzati ,nel modo corretto, può essere un antico ricordo delle cure parentali, quindi è più semplice per ognuno di noi rapportarci con loro.

Perciò dopo tutto questo mio discorsone secondo voi…. solamente il cane è idoneo per fare “pet therapy”?

Ogni tanto quando mi confronto alcuni mi rispondono di sì, ma io vorrei precisare che, certamente, nelle attività di pet therapy il cane è in assoluto il più presente, il più versatile e il più facile da inserire nei progetti, sebbene con alcuni altri animali come con il cavallo e l’asino si fanno attività specifiche terapeutiche che hanno, però, caratteristiche peculiari in merito alle quali è meglio che non mi dilunghi oggi, magari in futuro ne parleremo.

Chi sostiene, però che solo il cane sia idoneo alla pet therapy, avrebbe ragione se si pensasse a una attività che ha un approccio standardizzato e che prevede necessariamente la manipolazione all’interno di sedute strutturate sul modello delle usuali “terapie mediche”.

Per fortuna la pet therapy non è solo questo.

La pet therapy segue percorsi estremamente vari, può essere anche attività del “prendersi cura dell’animale”, entrare nel suo mondo e rapportarsi con il suo linguaggio , con le sue caratteristiche comunicative, può seguire la via delle conoscenza e del rispetto del diverso… non necessariamente deve passare attraverso la manipolazione, l’abbracciare o l’imposizione di una relazione forzata.

Se accettiamo questo concetto, le attività assistite dagli animali aprono l’orizzonte verso mille mondi nuovi da scoprire, mille possibilità socializzanti, educative, terapeutiche, purché queste attività abbiano come fondamento l’ approfondita conoscenza dell’animale, della specie e dell’individuo, il senso dell’amicizia per l’animale nel rispetto dei suoi bisogni e delle sue caratteristiche etologiche, il riconoscimento della sua individualità da cui derivino progetti e percorsi ben studiati e ben preparati.

“Amicizia” che si fonda sulla conoscenza, sull’accoglienza e sul rispetto e non il malinteso sentimento di “Amore” che spesso è equivocato incentrandolo sull’egoismo e sul “possesso”.